Secondo le fonti storiche, la Chiesa di SANTA MARIA DI ROIO fu edificata dai filiani di Roio Colle nel venticinquennio compreso tra il 1266 ed il 1290. Certamente la primitiva chiesa duecentesca era molto più estesa e sontuosa rispetto a quella attuale, con tre navate anziché una oppure, secondo altre fonti, con un vano centrale fiancheggiato da cappelle sporgenti. Distrutta dal terremoto, essa fu ricostruita sul solo sito della navata centrale della precedente.
Il fronte chiesastico è senza dubbio, tra quelli aquilani, uno dei più singolari quanto a disegno. E' diviso in tre bande verticali equivalenti da paraste angolari e lesene intermedie, e la banda di centro è occupata dal portale e dal sovrastante rosone; al di sopra di una semplice cornice piana, una banda recante al centro lo stemma di Roio corona orizzontalmente i tre pannelli parietali…
Secondo le fonti storiche, la Chiesa di SANTA MARIA DI ROIO fu edificata dai filiani di Roio Colle nel venticinquennio compreso tra il 1266 ed il 1290. Certamente la primitiva chiesa duecentesca era molto più estesa e sontuosa rispetto a quella attuale, con tre navate anziché una oppure, secondo altre fonti, con un vano centrale fiancheggiato da cappelle sporgenti. Distrutta dal terremoto, essa fu ricostruita sul solo sito della navata centrale della precedente.
Il fronte chiesastico è senza dubbio, tra quelli aquilani, uno dei più singolari quanto a disegno. E' diviso in tre bande verticali equivalenti da paraste angolari e lesene intermedie, e la banda di centro è occupata dal portale e dal sovrastante rosone; al di sopra di una semplice cornice piana, una banda recante al centro lo stemma di Roio corona orizzontalmente i tre pannelli parietali sottostanti. Tutta la superficie è tessuta con filari di pietra concia, come le facciate primo- trecentesche di altre chiese aquilane. Il portale è molto sobrio, recante stipiti a vivo di muro, senza risalti e senza colonnine cantonali e frontali, ed il carattere borgognone dello stile lascia supporre che esso sia antecedente, quanto meno di epoca duecentesca. Lo stesso rosone del resto mostra una commistione tra il trecentesco giro esterno di foglie e la raggiera più marcatamente borgognona. Senza dubbio tutta l'importanza della facciata è data all'ordine inferiore, in cui è collocato anche il rosone, mentre il superiore ne risulta atrofizzato, così da costituire un vero e proprio attico. La grande finestra circolare risulta infatti collocata al centro del quadrante lapideo, sproporzionata rispetto ad esso, e con molta probabilità apparteneva al prospetto più grande della chiesa originaria. Le vicende costruttive dell'antico impianto interno sono nebulose almeno quanto quelle esterne, ma l'ipotesi predominante è che la Santa Maria originaria avrebbe avuto una sola navata e che lateralmente vi sarebbero state due serie di cappelle non comunicanti tra di loro. Tali cappelle, in realtà veri e propri altari, a partire dal primo '500 avrebbero cominciato a trasformarsi in vani architettonici, aprendosi varchi nelle mura perimetrali e dilatando e articolando lo spazio interno del tempio senza modificare le mura perimetrali. Lo spazio tra l'antica torre campanaria ed il muro esterno della chiesa, che oggi accoglie una piccola sacrestia, in origine probabilmente era occupato da un transetto; le cappelle si sarebbero semplicemente allineate sulla linea dei bracci sporgenti di esso. Dalla seconda metà del '400 si conclusero le vicende costruttive della chiesa roiana e l'attività artistica dell'edificio continuò febbrilmente solo a livello scultoreo e pittorico, con gli incorniciamenti plastici degli altari, l'intonacatura dei rilievi architettonici e lo stucco delle decorazioni. Il sisma del 1703 costrinse le maestranze locali a reinventare gli spazi. Il rifacimento settecentesco dell'interno risulta tuttavia armonioso: le nude pareti, contrariamente alla versione medievale, si trasformano e si muovono in partiti architettonici eminentemente decorativi a stucco, sul motivo di arcate cieche, due per parte, adombranti cappelle trasversali collegate da intercolumni, secondo l'ispirazione gesuitica. Il soffitto piano però delude l'aspettativa di ampio respiro che una cupola avrebbe creato. Il vano posteriore si rivela dunque un corpo quasi estraneo all'aula anteriore e se nel 1803 il pregevole altare del Ferrata non fosse stato trasportato dalla cappella dei Colantoni per essere rimontato al centro della nuova zona presbiteriale, quale altare maggiore, la mancata fusione dei due ambienti sarebbe risultata ancora più marcata.